amore, coppia, genitorialità, gravidanza

NOVE MESI – la mia personalissima esperienza di gravidanza

Sono tempi questi in cui si parla molto di gravidanza e di maternità (più che di genitorialità) in tutte le sue forme e sfumature, come fenomeno sociale intorno al quale gravitano molti fattori: la libertà legata alla scelta di avere figli o meno, il luogo e il modo in cui farli nascere, il rispetto dei diritti connessi ad aspetti professionali ed economici, l’educazione, eccetera.
Ho sempre pensato alla gravidanza come un’esperienza totalmente personale e credo che ogni coppia (o donna singola) abbia il diritto di viverla nel modo che la caratterizza di più, al netto di ogni forma di omologazione e senza timori legati a quel maledetto senso di inadeguatezza che spesso nascono da giudizi e condizionamenti esterni.

La mia esperienza con la maternità credo sia iniziata nel momento in cui ho sentito un desiderio, dopo i trent’anni, desiderio del quale, in quel preciso periodo, ho quasi provato vergogna. Non c’era una motivazione razionale legata a quella sensazione, ma in quel momento sentivo come se quel desiderio non combaciasse con il mio bisogno di indipendenza o non mi facesse sentire coerente con i progetti coltivati fino a quel momento. E, cosa più importante, il mio desiderio non combaciava con quello della persona che avevo accanto. Di conseguenza – credo per istinto di protezione – inizialmente ho provato a metterlo da parte, finché, grazie alla psicoterapia, ho compreso che tutti i miei tentativi di repressione sarebbero falliti e mi avrebbero portato a sperimentare solo rabbia e frustrazione. Compreso ciò, ho iniziato ad accoglierlo, osservarlo più da vicino, dandogli spazio, ma senza renderlo ossessione.

Qualche anno dopo, con un partner diverso con il quale, insieme ad una molteplicità di valori ed interessi c’era anche l’obiettivo di creare una famiglia, in un momento quasi inaspettato sono rimasta incinta. In quel periodo la nostra era una relazione a distanza (un oceano a separarci), ma la sentivo forte, io mi sentivo tranquilla, trainata da una grande dose di curiosità ed entusiasmo.
Concretamente ho vissuto i primi mesi sola, in una casa a 400 km di distanza dalla mia famiglia d’origine ed un partner a migliaia di km di distanza, in una città che da mesi avevo deciso di lasciare per tornare nella mia terra d’origine. 

In questi anni ho ascoltato racconti di gravidanze e parto da parte di amiche, colleghe, pazienti; esperienze tutte diverse, molte caratterizzate da paure, periodi di forte ansia, umore instabile; quindi, con mente e cuore aperti mi preparavo ad accogliere momenti difficili che comunque, mi dicevo, avrei affrontato. Ma con grande sorpresa i giorni passavano e continuavo a sentire tranquillità, anche in quei momenti in cui ho avuto qualche complicazione fisica. Inoltre pensavo sarebbe stata dura vivere i primi mesi senza il mio compagno accanto, persona con cui condividevo questo grande progetto d’amore; ecco, devo dire che non è stata una passeggiata, ma siamo riusciti a creare una connessione a distanza che ha supportato entrambi ed ha consentito al tempo di correre più velocemente. Mi sono sentita circondata da una bolla d’amore da parte di famiglia e amici, ho trascorso momenti di tenerezza, affrontato virus intestinali da esorcista ed influenze con una calma che mi ha quasi sorpresa.

Dopo qualche mese mi sono trasferita in un paese (continente) diverso dal mio per raggiungere il mio compagno, organizzato il nostro matrimonio, sono entrata in contatto con un sistema sanitario diverso rispetto a quello cui ero abituata e in tutto ciò, piano piano, ho imparato a familiarizzare con la parola “mamma”.

In quei mesi ho semplicemente riadattato le mie abitudini, senza mai rinunciare alle cose che sapevo mi facevano star bene, come ad esempio l’attività fisica. La gravidanza mi ha donato una luce e pace interiore più profonde rispetto a quelle ottenuta nei miei 20 anni di meditazione. Ho ricevuto consigli che ho scelto di non ascoltare, ne ho chiesti altri a persone esperte ma anche ad amiche che non hanno figli ma alle quali riconosco molto più senso pratico di me, mi sono lasciata coccolare, ho accolto l’amore delle persone intorno e soprattutto ho ascoltato il mio corpo, mi sono fermata quando mi sentivo troppo stanca e ho approfittato dei momenti in cui mi sentivo più energica per fare cose che erano importanti per me in quel momento.
Ho avuto la fortuna di essere in salute, questo non lo nego, ma poiché credo fortemente nella connessione mente-corpo, penso che l’atteggiamento adottato mi abbia aiutato in tutto questo.

Ho imparato a sviluppare tanta fiducia nei confronti del personale sanitario che mi stava seguendo, perchè, al momento del parto, so mi avrebbe aiutato molto lasciare il controllo, per affidarmi alle sensazioni del mio corpo e alle indicazioni che mi sarebbero arrivate dall’ambiente in cui avevo deciso di partorire. E col senno del poi credo di aver fatto la scelta migliore, perché tutto questo mi ha aiutato moltissimo nell’affrontare un travaglio lungo, molto stancante, ma in un contesto in cui mi sentivo totalmente protetta. 

Attraverso questa gravidanza ho avuto la prova concreta che ogni esperienza è totalmente diversa, sia da persona a persona, ma anche nella stessa e, per quanto possa essere utile informarsi, leggere, ascoltare esperienze altrui, poi diventa fondamentale ascoltarsi, senza timore di chiedere aiuto al momento del bisogno e senza lasciarsi impaurire ed influenzare da quello che hanno vissuto donne diverse da noi. 

Questa è la mia personalissima esperienza, che sarà simile a quella di tante altre persone e completamente diversa da altrettante altre. Ho scritto queste righe come fossero una di pagina di diario, per mettere nero su bianco le emozioni, i pensieri e i vissuti di quel periodo ed al tempo stesso ho deciso di condividerlo non per promuovere messaggi o elargire consigli, ma al contrario, perché credo non ci siano libretti di istruzioni o protocolli che ci preparino a diventare brave mamme, bravi papà, bravi educatori e questa esperienza mi ha fatto sentire quanto sia importante rimanere fedeli alla nostra natura, anche quando siamo circondati da stimoli esterni che ci suggeriscono cosa fare, cosa non fare, cosa comprare, eccetera. Facciamo tesoro di tutto ma poi scegliamo, in base al nostro stato del momento, cosa mettere in pratica e cosa buttare via, perché in realtà siamo gli unici a sapere cosa sia “giusto” per noi (con NOI intendo io, la coppia, il/la bambino/a). Ma per farlo dobbiamo imparare ad ascoltarci, perdonarci, condividere le nostre emozioni e le nostre paure con le persone che amiamo e non pensare che chiedere aiuto al momento del bisogno ci renda più fragili, inadeguati e non adatti al ruolo di genitori.

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