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LE CONSEGUENZE DELL’ ABORTO – Un dolore che ha diritto di essere accolto ed ascoltato

Il lutto prenatale, che dipenda da un aborto spontaneo o da una scelta volontaria (IVG) porta con sé intensi vissuti, emozioni e pensieri molto complessi da gestire ed affrontare e, soprattutto, che non vengono sempre compresi dall’ambiente esterno.
Se poi parliamo di interruzione volontaria di gravidanza, agli aspetti precedenti elencati si aggiungono emozioni e tabù culturali che possono rendere ancora più complesso il periodo. Infatti, quando una donna o una coppia decide di interrompere una gravidanza, l’istinto porta a cercare di affrontare il periodo che intercorre tra la decisione e l’azione medica nel modo più veloce possibile, così da chiudere il capitolo ed andare avanti con la propria vita. Vi sono casi in cui tutto ciò accade in modo fluido, senza conseguenze psicologiche, anzi, talvolta capita di sentirsi addirittura alleggeriti e liberati – e sono sensazioni assolutamente legittime. In altri casi, invece, la scelta non viene fatta a cuor leggero (tralascio casi particolari, come abuso, perché meriterebbero un articolo a parte), prevale l’indecisione, ma alla fine si opta per quella che viene considerata la scelta “più giusta” per la persona o per la coppia in quel momento. Capita di minimizzare la sofferenza che l’episodio può comportare, anche perché possiamo immaginare la nostra reazione ad un determinato evento, ma non possiamo conoscere con certezza, né tantomeno programmare, le emozioni che si proveranno.

Non va sottovalutato il fatto che, nel momento in cui una donna scopre di essere incinta, il suo inconscio inizia a creare uno spazio interno che si prepara ad accogliere un’altra vita e quindi che si tratti di due, tre, cinque settimane, quello spazio nella mente della donna esiste e tutte le scelte che ne conseguono non sono sempre così semplici da mettere in atto. Per vergogna, senso di colpa, tabù, bisogno di mantenere l’evento segreto, voglia di star bene e tutte quelle sensazioni fisiche che il cambiamento ormonale comporta, non è facile che le emozioni emergano, a volte non ci si sente comprese, neanche dal partner e si vuole vivere il periodo totalmente soli.

Il discorso non cambia quando l’aborto avviene per cause naturali; anche in questo caso, in qualsiasi periodo della gravidanza l’aborto sia avvenuto, emerge un dolore che ha bisogno del suo spazio. A differenza dell’aborto volontario, qui abbiamo uno spazio interiore che la donna ha cercato di riempire con fantasie riguardo il futuro, la costruzione del ruolo di madre e la progettazione di un desiderio che sarebbe presto diventato concreto. Al momento dell’interruzione della gravidanza questo sogno si frantuma improvvisamente, con conseguenze molto dolorose. Anche in questo caso emergono fragilità ed emozioni che non sempre riescono ad essere condivise, soprattutto quando intorno non si trova un ambiente confortevole o comunque quando emerge una sensazione di solitudine.
Talvolta, le frasi che emergono dall’esterno non sono delle più delicate ed efficaci e lo stesso confronto con l’ambiente possono causare maggiore disagio e sofferenza per la coppia stessa.

Come affrontare questo periodo?

L’aborto rappresenta un lutto a tutti gli effetti e, come tale, ha bisogno del suo tempo per essere elaborato. Non esiste una ricetta efficace per tutti, ma è importante comprendere che ognuno ha il suo tempo per parlarne e ognuno ha il suo tempo per elaborare l’accaduto. Non ci sono cose giuste o sbagliate da fare, ma bisogna ascoltarsi e soprattutto accettare che non funzioniamo come macchine e, che anche se non ci saremmo aspettati di reagire in questo modo, per quanto possiamo cercare di tenere tutto sotto controllo, le emozioni possono travolgerci in un modo totalmente inaspettato ed è quindi importante creare uno spazio in cui lasciarle fluire.
Non dimentichiamo che le emozioni inespresse non scompaiono, ma cercano – e spesso – trovano un varco per emergere, che sia attraverso esplosioni di rabbia e aggressività, sottoforma di sintomi psicosomatici o, peggio ancora, sfociando in sintomi depressivi o attacchi di panico.
Quindi legittimiamo sbalzi d’umore, crisi di pianto improvvise (in parte dovuti anche agli ormoni che ancora non hanno trovato il proprio equilibrio) e, soprattutto, non dimentichiamo l’importanza della condivisione.

Spesso i partner si sentono soli ed incompresi nel proprio dolore, perché non trovano il coraggio di condividere, frenati dalla paura che il dialogo sull’argomento possa riaprire ferite. In realtà quella ferita è aperta, dobbiamo quindi ricordare di disinfettarla, se non vogliamo che si creino infezioni.

Se invece non abbiamo vissuto direttamente questa esperienza, ma abbiamo amiche e amici o parenti che si trovano in questa situazione, potrebbe capitare di sentire difficoltà e non riconoscere il modo più adatto per stare accanto alle persone che stanno soffrendo. Questo in alcune occasioni porta a dire frasi non proprio adatte, come “ma non vi preoccupate, ne farete alti di figli”, oppure “in realtà non era ancora un bambino a tutti gli effetti”. Ecco, queste frasi sono assolutamente da evitare e, se proprio non sappiamo quale sia il giusto modo per esprimere la nostra vicinanza, l’azione più saggia da fare consiste nel chiedere alle persone direttamente interessate: “mi dispiace per quello che ti/vi è successo. Come posso starti/vi accanto?”
Credo sia il modo migliore per far sentire all’altro che ci siamo e siamo pronti ad offrire il nostro supporto, nel rispetto dei bisogni delle persone che stanno soffrendo.


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