Chi non ha mai sentito nominare Circe? Probabilmente molti la conosceranno come la maga che, nel poema omerico, trasformava gli uomini in maiali ed ammaliava ed ostacolava Ulisse nel suo rientro ad Itaca. In questo romanzo la Miller ci regala un ritratto più complesso e affascinante della ninfa, figlia di Elios e di una naiade.
Nonostante i suoi innati poteri da maga, che scoprirà piano piano e quasi casualmente, Circe si riconosce poco nel mondo degli Dei, è affascinata dal mondo degli umani, da cui ne ricava determinate caratteristiche questo è uno dei motivi che la renderanno oggetto di scherno da parte dei genitori e dei fratelli e sorelle.
Mandata in esilio sull’isola di Eea per aver scatenato l’ira degli dei, affina l’arte della magia, quella magia che la tutela dalla presenza dei marinai che cercano di approfittarsi di lei e che vengono trasformati in porci, la magia che le permette di proteggere la sua casa e le persone che ama.
Durante la sua permanenza sull’isola incontra molti personaggi come Ermes, con cui intreccia una relazione erotica, ninfe, guerrieri, naturalmente Ulisse e infine Penelope e Telemaco. In uno dei brevi periodi in cui si assenta dall’isola, conosce l’ingegnoso e affascinante Dedalo, con cui affronta il mostruoso minotauro.
Sono sempre stata affascinata dalla mitologia greca e questo romanzo mi ha permesso di ripercorrere la vita di un personaggio che avevo messo in secondo piano perché non aveva mai destato in me particolare interesse. In Circe ho visto una bambina e poi una donna che inizialmente lotta per essere amata ed accettata dai suoi cari ma che successivamente inizia un viaggio verso la conoscenza di sé stessa, determinata nel far emergere la sua natura.
Ho visto una donna indomita, che non teme l’ira degli dei, riconoscendo e smascherando quelle che sono le loro debolezze.
Ne consiglio vivamente la lettura, anche sotto l’ombrellone, poiché si legge volentieri, scorre bene e incuriosisce.
“Che cosa hai fatto per tutto questo tempo? Ci hai messo un’eternità. Cominciavo a sospettare che tu non fossi affatto una pharmakis.”
Una parola che non conoscevo. Una parola che nessuno conosceva, allora.
“Pharmakis” ripetei.
Maga.